Verifica agevolazioni prima casa

martedì 27 giugno 2017 - 14:46

Importante novità nel campo delle agevolazioni prima casa.

 

Con un'innovativa sentenza la Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo l'accesso alla casa privata per verificare la sussistenza delle condizioni dichiarate dal proprietario per ottenere i benefici prima casa.

Con la sentenza n. 13145 del 2016, la Corte di Cassazione ha dichiarato la legittimità dell'accesso presso l'abitazione, da parte dell'Agenzia delle Entrate, per la verifica del rispetto (anche) della normativa sulle agevolazioni "prima casa". Purchè vi sia l'autorizzazione della Procura della Repubblica.

Verifica condizioni prima casa e accesso nell'abitazione

 

La sentenza, che ci risulta unica sull'argomento, contiene una statuizione interessante: la Corte di Cassazione, sezione tributaria, ha ritenuto legittimo l'accesso presso l'abitazione privata, operato dall'ufficio finanziario al fine di verificare la sussistenza delle condizioni - dichiarate dal contribuente – previste per l'agevolazione fiscale detta "prima casa".

Approfondiamo la questione partendo da una breve esposizione del caso giudiziale, per poi analizzare gli aspetti giuridici considerati dalla Corte.

 

Per quanto qui interessa, il giudizio è originato dall'impugnazione di un'avviso di liquidazione emesso dall'Agenzia delle Entrate per la revoca dei benefici "prima casa".

 

In particolare, dalla verifica "in loco", l'abitazione viene ritenuta dall'Ufficio "casa di lusso" e, dunque (ex DPR 131/1986, il Testo Unico sull'imposta di registro), non ammessa all'agevolazione.

Il contribuente eccepisce l'illegittimità dell'accesso affermando che la norma di riferimento, l'art. 52 DPR 633/1972, disciplina solo l'accesso presso i locali destinati a esercizio d'impresa e professione con partita iva (anche eventualmetne contemporaneamente destinati ad uso abitativo).

L'eccezione viene respinta in tutti e tre i gradi di giudizio.

 

Poteri di verifica degli uffici, imposta di registro e abitazioni private

 

I contribuenti, dunque, affermano che l'art. 52 citato (applicabile all'imposta di registro per il doppio richiamo operato dagli artt. 53-bis, DPR 131/1986 e 33, DPR 600/1973) circoscrive l'accesso ai soli locali destinati a esercizio d'impresa e professione con partita iva.

La Corte a sua volta, parte dall'assunto che le norme di cui all'art. 52 (norma del DPR sull'IVA, quindi riferite ad attività soggette ad IVA) in parola non si attaglino facilmente alle norme sull'imposta di registro, che non toccano solo impenditori e professionisti.

Effettivamente, prosegue la Corte, le norme si prestano ad antitetiche interpretazioni: la prima ammette l'accesso per la verifica dell'imposta di registro solo in locali destinati a esercizio d'impresa e professione con partita iva (come peraltro, osserva, nella circolare 6E/2007).

 

La seconda ammette un accesso anche ai luoghi diversi; ma la seconda richiede innanzitutto di verificare se l'art. 52 citato contiene disposizioni compatibili con la lettura medesima.

Il grado di cassazione, ancora una volta, è dunque occasione per affrontare una questione affatto semplice. Secondo la sentenza in commento allora, deve "essere valorizzata la chiara intenzione del legislatore dl estendere i poteri d'accesso anche nei confronti di chi non è Imprenditore o professionista soggetto IVA".

Gli argomenti a favore dell'accesso nelle abitazioni..continua qui

 

 

fonte: idealista.it